mercoledì 15 aprile 2009

RIPARAZIONE MICROCHIRURGICA DEL NERVO FACIALE

Il nervo faciale (VII nervo cranico) è il nervo deputato all'innervazione dei muscoli mimici della faccia. Esso svolge anche alcune funzioni viscerali come la secrezione delle ghiandole lacrimali e salivatorie. La paralisi periferica del nervo faciale,si evidenzia con caduta dell'angolo della bocca, difficoltà ad articolare le parole, scolo di saliva dal lato leso, spianamento delle rughe, ptosi palpebrale, lieve iperacusia, xeroftalmia (secchezza degli occhi) che può provocare ulcerazioni corneali e fotofobia. La causa più frequente è il danno chirurgico post-rimozione di tumori dell'angolo ponto-cerebellare quali neurinomi del nervo acustico e del faciale stesso, meningiomi della rocca petrosa e colesteatomi che tendono a stirare o ad inglobare il nervo faciale a tal punto da rendere impossibile la rimozione senza lesionarlo. Altre cause possono essere traumatiche o funzionali.

La riparazione del nervo può essere fatta con numerose tecniche, quella che noi preferiamo è l'anastomosi con un altro nervo quali il trigemino, il faciale controlaterale, l'accessorio, il glossofaringeo ed il nervo frenico sebbene noi preferiamo il nervo ipoglosso (XII nervo cranico) per le rispettive somiglianze sia strutturali che fisiologiche. Le indicazioni all'anastomosi VII-XII sono:
  • trazione o danno anatomo-funzionale irreversibile
  • paralisi faciale completa ed irreversibile (grado V-VI)
  • mancanza del moncone prossimale per l'anastomosi
E' prevista una anastomosi termino-terminale tra la branca discendente del nervo ipoglosso ed il moncone distale del nervo faciale nel tratto extracranico all'uscita del suo foro stilomastoideo mediante l'uso del microscopio intra-operatorio.
La gravità della paralisi del nervo faciale è estimata tramite la scala di House e Brackmann (da I a VI) valutandone la funzionalità sia a riposo che in movimento.
Tale tecnica ha mostrato dei buoni risultati a distanza di trenta mesi dall'intervento. Infatti circa il 40% ottenevano un ottimo recupero funzionale del nervo faciale. I migliori risultati si ottengono nei pazienti più giovani. Il miglior tempo per eseguire l'intervento è tra i 24-36 mesi dopo il danno. Sebbene i risultati siano soddisfacenti, una percentuale di pazienti possono presentare sindrome da deficit del nervo ipoglosso quali atrofia linguale e fascicolazioni.

Le altre tecniche di riparazione alternative che possono essere eseguite sono:
  • Anastomosi termino-laterale faciale-emiipoglosso.
  • Anastomosi termino-terminale tra i due monconi del nervo faciale o tra faciale-ipoglosso mediante l'uso di un trapianto di nervo autologo (nervo surale).
  • Anastomosi tra il nervo malato e quello controlaterale sano mediante trapianto di nervo autologo (nervo surale).
Dopo l'intervento, è prevista un trattamento riabilitativo sia dei muscoli innervati dal nervo faciale che di quello linguale per almeno 12 mesi.

domenica 1 marzo 2009

SINDROME DEL TUNNEL CUBITALE

Considerazioni generali:
Tale sindrome è dovuta a compressione del nervo ulnare nel suo passaggio nella doccia epitrocleo-olecranica nel gomito. Il nervo ulnare origina dalle radici C8-T1, passa nel plesso brachiale, esce dall'ascella e percorre il lato mediale del braccio fino al gomito dove si rende particolarmente vulnerabile a lesioni traumatiche o compressive di varia natura.


Il tunnel cubitale è una normale cavità osteo-muscolo-legamentosa di forma ovalare in cui passa il nervo ulnare la quale, durante la flessione del gomito, assume una forma triangolare restringendo il canale anche del 50%. In situazioni patologiche ciò comporta alterazioni delle pressioni interstiziali del nervo con ischemia, edema endoneurale e demielinizzazione. Se tale condizione è permanente si realizza una fibrosi endoneurale con interruzione della continuità assonale.
La causa principale è la compressione da parte di strutture legamentose come il legamento di Osborne ed il residuo persistente di muscolo epitrocleo-anconeo, ma anche traumatismi diretti o microtraumi ripetuti e frequenti; inoltre vi può essere la compressione del nervo ulnare a livello dell'arcata del flessore ulnare del carpo da fibrosi perineurali reattive con ipertrofia dell'aponevrosi del flessore ulnare del carpo. Ricordiamo infine tra le varie eziologie anche la sublussazione ricorrente del nervo ulnare in tale punto durante i movimenti di flesso-estensione del gomito e le osteoartriti del gomito, le forme reumatiche, ed il gomito valgo. Altre condizioni scatenanti sono lesioni ossee, artrosi con calcificazioni del gomito, sclerosi reumatica del tetto, esiti di fratture consolidate con callo o vizio di posizione, acromegalia, cisti e tumori nervosi.
Esistono inoltre delle forme di compressione del nervo ulnare ad origine idiopatica, qualora non vi siano delle cause apparenti ed evidenti.


Clinica:
Clinicamente distinguiamo due fasi della malattia, la sensitiva e la paralitica. Nella prima fase la sintomatologia e dominata da parestesie nel territorio d'innervazione della metà ulnare del IV dito e il V dito, con ipoestesia termo-dolorifica e tattile ingravescente. Il dolore, in sede periepitrocleare e nel territorio d'innervazione dell'ulnare, accompagna la riduzione della forza prensile della mano. Il sengo di Tinel è positivo a livello del canale cubitale, c'è una diminuzione della presa pollice indice e segno di Froment positivo.



L'ultimo stadio è caratterizzato dalla fase paralitica con aggravamento delle turbe motorie ed insorgenza di turbe trofiche, come l'amiotrofia del primo spazio interosseo e l'ipotrofia dei muscoli ipotenari ed interossei, del terzo e quarto lombricale, nonché aggravamento delle turbe sensoriali sino ad un quadro di vera e propria anestesia termo-dolorifica e tattile nel territorio di competenza sensoriale dell'ulnare.



In fase avanzata il deficit motorio e la conseguente atrofia dei muscoli fa assumere la mano una posizione caratteristica detta ad artiglio per deficit con la prima falange del
quarto e del quinto dito iperestese e le altre flesse, secondo e terzo dito con la prima falange estesa e le altre semiflesse, pollice con la seconda falange semiflessa ed atrofia dei muscoli ipotenari.










Diagnosi e diagnosi differenziale:

Si basa principalmente sul quadro clinico eseguendo la manovra cubitale cioè comparsa di dolore e parestesie nel territorio d'innervazione dell'ulnare alla flessione forzata del gomito. Indispensabili sono l'elettromiografia e l'elettroneurografia, anche per fare diagnosi differenziale con compressioni alte come la sindrome dell'egresso toracico e con sindromi basse come la sindrome del canale di Guyon. Una radiografia della colonna cervicale ed eventualmente la TC è utile per distinguere le irritazioni o le compressioni da patologia rachidea delle radici C8-T1, la presenza di una neoplasia in fossa sopraclaveare come il tumore di Pancoast in cui, all'irritazione nel territorio dell'ulnare si associa la sindrome di Claude-Bernard-Horner.

Terapia e trattamento:
Nelle fasi iniziali la terapia è essenzialmente medica consistente in riduzione o sospensione temporanea delle attività manuali, terapie fisiche
locali come ionoforesi ed ultrasuoni, terapia medica locale con cortisonici o salicilati oppure terapia medica sistemica con FANS ed eventuale uso di ortesi. Il trattamento chirurgico è indispensabile quando il dolore non è più controllato dali comuni antidolorifici e quando compaiono i primi deficit neurologici. Le tecniche utilizzate sono varie ma tutte hanno l'obiettivo comune di liberare il nervo dai tre fattori meccanici che portano alla sindrome irritativa e che sono la compressione, l'attrito e lo stiramento.
La decompressione del nervo ulnare al gomito senza trasposizione consiste nella sezione del legamento arcuato di Osborn situata a ponte tra i due capi del flessore ulnare del carpo. Tale metodica si è rivelata semplice, sicura ed efficace, purchè la compressione sia limitata alla aponevrosi del muscolo del flessore ulnare del carpo.



La trasposizione anteriore del nervo ulnare dalla doccia retrocondiloidea in posizione anteriore all'asse di flesso-estensione al gomito ha il vantaggio di ridurre la tensione del nervo durante la flessione del gomito ed allontana il nervo dal tunnel cubitale eliminando qualsiasi fonte di trazione ed irritazione meccanica. La trasposizione può essere:
  1. intramuscolare che consiste nel porre il nervo in posizione sub-fasciale in una doccia del muscolo flessore-pronatore. E' una metodica semplice.
  2. submuscolare che consiste nell'adagiare il nervo, trasposto con i vasi, dopo neurolisi esterna, al di sotto del gruppo muscolare flessore-pronatore. E' indicato quando ci sono alterazioni osse o muscolari in cui il nervo è sottoposto a trazione o compressione meccanica durante attività sportive o manuali.

giovedì 26 febbraio 2009

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE

Considerazioni generali ed epidemiologia:
Il termine sindrome del tunnel carpale si riferisce ad un quadro clinico dovuto alla compressione del nervo mediano al polso. Colpisce soggetti di tutte le età, con prevalenza tra i 40 ed i 60 anni. Il rapporto uomo-donna è 1:7. Se avviene in giovane età, si deve sospettare una origine congenita.



Patogenesi:
E' in relazione a differenti cause:
  1. anatomia del tunnel carpale, un canale osteo-fibroso, delimitato dall'arco concavo delle ossa carpali dorsalmente e dal ligamento trasverso del carpo in direzione palmare che si estende dall'osso pisiforme ed uncinato al tubercolo dello scafoide e alla cresta del trapezio. Nel canale così formato passano 9 tendini (4 flessori superficiali e 4 profondi delle dita ed il flessore lungo del pollice), il nervo mediano ed i rami arteriosi delle arterie radiale ed ulnare . Ogni riduzione di tale spazio (per anomalia delle ossa carpali o ispessimento del legamento carpale trasverso) o un aumento del suo contenuto (neuroma, lipoma, sinovia ipertrofica, osteofitosi post-traumatica, ematoma, sindrome di Lindburg), esercitando compressione di vasi e nervi quali il nervo mediano.
  2. cause locali quali esiti di fratture di Colles, tenosinovite aspecifica dei flessori, ipertrofia delle guaine tendinee su base infiammatoria.
  3. malattie sistemiche quali mixedema, emodialisi, diabete, alcolismo, amiloidosi, tenosinoviti, artrite reumatoide, L.E.S., mucopolisaccaridosi, acromegalia, contraccettivi orali, ipotiroidismo e anche il 25% delle donne gravide a causa della ritenzione idrica provocata dagli alti livelli di ormoni estro-progestinici, paraparetici e paraplegici per la flessione forzata del polso durante l'uso di bastoni e sedie a rotelle.
  4. cause scatenanti quali attività manuali che necessitano energici moviementi del polso in flessione protratta (operai che fanno uso di martelli pneumatici, perforatori e trapani a percussione).
Clinica:

ha una lenta evoluzione, rara è l'esordio acuto. Nella fase iniziale il paziente presenta dolore intermittente, urente, nel territorio del nervo mediano (prime tre dita della mano) che si aggrava durante la notte o al risveglio sia per la flessione del polso durante sia per la riduzione della pressione sanguigna o per rilasciamento muscolare. A volte il dolore è avvertito all'avambraccio ed alla spalla. Nella fase intermedia compaiono parestesie (formicolii, sensazione di caldo o di acqua che scorre) e torpore. Nella fase tardiva il deficit sensitivo e/o motorio diviene permanente e compare deficit di forza della pinza pollice-mignolo, del muscolo opponente ed abduttore del pollice ed ipoestesia tattile e termo-dolorifica fino all'atrofia dei muscoli interessati. E' spesso presente anche disidrosi cutanea nel territorio di innervazione del nervo mediano alla mano.

Diagnosi:
Si basa principalmente sull'anamnesi e sull'individuazione dei sintomi caratteristici e sui principali test sensoriali, motori, di stimolazione ed elettrofisiologici. I segni di Tinel (percussione sul canale del carpo) ed il test di Phalen (flessione forzata del polso) diretto ed inverso. Completano il quadro dell'esame clinico il test del muscolo abduttore breve e del flessore lungo del pollice positivi ed atteggiamento da predicatore della mano, cioè con mancata flessione dell'indice e del medio, parziale flessione dell'indice e del mignolo, mancata flessione e deviazione dorsale del pollice, atrofia del polpastrello dell'indice e dei muscoli dell'eminenza tenar che sono espressione di una sofferenza neurogena significativa.
Di notevole importanza sono lo studio della sensibilità superficiale con i Test di Dellon e Weber, della sensibilità profonda con Diapason ed i test neurofisiologici quali elettromiografia con velocità di conduzione del nervo mediano al polso. Utili possono essere anche la radiografia della mano e l'ecografia del polso.



Diagnosi differenziale:

Va posta con lesioni midollari (tumori, siringomielia) o sofferenze radicolari cervicale(spondiloartrosi, osteofiti, ernia discale, neurinomi). In questi casi una tomografia computerizzata o risonanza magnetica del rachide posson sciogliere il dubbio. Va posta anche in diagnosi differenziale con la sindrome del pronatore rotondo e/o del lacerto fibroso e dell'interosseo anteriore.

Terapia:
Nella fase iniziale il riposo e/o la terapia con FANS, le terapie fisiche locali come ionoforesi ed ultrasuoni e la terapia sistemica con cortisonici e neurotrofici. risultano efficaci in una buona percentuale di casi. L'infiltrazioni con farmaci steroidei associati ad anestetici locali è indicata solo nei casi con controindicazione assoluta all'intervento.
Il trattamento chirurgico è riservato per quei pazienti con dolore intrattabile al trattamento conservativo e per quelli che hanno deficit neurologici stabilizzati. Nel nostro reparto utilizziamo una minincisione (1-1.5 cm.) palmare mediana in anestesia locale e, mediante l'uso del microscopio intra-operatorio, apriamo il legamento trasverso del carpo e decomprimiamo il nervo mediano nel punto di compressione. In seguito eseguiamo una semplice fasciatura con benda orlata postoperatoria, che permette la mobilizzazione immediata. Questo metodo consente una percentuale molto alta di risultati positivi, con minime complicanze.La tenosinovectomia non viene realizzata tranne nei casi in cui il tessuto sinviale è estremamente proliferante come nell'artrite reumatoide. E' una metodica sicura e valida eseguibile in day surgery, di basso costo e con nessuna o poche complicanze rispetto alle tecniche endoscopiche ed alle tecniche tradizionali a cielo aperto. La complicanza più frequente è la resezione della branca palmare cutanea del nervo mediano responsabile di disestesie post-operatorie.